Fine e conseguenze dell’azione «Bambini della strada»

Per decenni i genitori jenisch si sono battuti senza successo contro la sottrazione dei propri figli. Solo una campagna di stampa portò nel 1973 alla cessazione dell’azione «Bambini della strada», le cui conseguenze durano ancora oggi.

Resistenza, critica e fine dell’azione «Bambini della strada»

Nella propaganda di Pro Juventute, e per molto tempo anche nella stampa, l’azione condotta contro lo stile di vita nomade, definita «lotta», venne presentata come un grande successo. La procedura veniva legittimata sulla base di studi scientifici. La resistenza fu attuata soprattutto dai genitori colpiti, che si difesero anche con strumenti legali, spesso con l'aiuto di avvocati. I loro ricorsi e reclami contro le decisioni delle autorità tutorie non ebbero tuttavia successo, poiché i procedimenti non offrivano sufficiente protezione giuridica. Le istanze di ricorso in genere non effettuavano accertamenti in proprio e si basavano principalmente sugli atti raccolti dalle autorità con la collaborazione di Pro Juventute. La stampa ascoltava sì i genitori, ma a lungo si accontentò delle giustificazioni di Pro Juventute. Solo gli articoli critici di Hans Caprez nello «Schweizerischer Beobachter» sollevarono l’indignazione dell’opinione pubblica, provocando finalmente nel 1973 la sospensione delle attività dell'opera assistenziale.

«Risarcimento» simbolico

In seguito gli Jenisch hanno lottato con il sostegno dei media e di voci dalla politica e dalla società civile per un processo di rielaborazione e una «riparazione» delle pratiche discriminatorie di Pro Juventute e delle autorità. A causa della struttura federale della Svizzera il processo politico si è però rivelato difficile ed estremamente lento, con Cantoni, Comuni e Pro Juventute che si rimpallavano la responsabilità. Nel 1981 la Confederazione istituì una commissione di studio, cui parteciparono anche degli Jenisch, che nel 1983 presentò il suo primo rapporto. Nel 1986, in seguito a un ricorso di diritto amministrativo, i voluminosi atti relativi alle tutele di Pro Juventute furono trasferiti nell’Archivio federale. Nello stesso anno il presidente della Confederazione Alphons Egli si scusò per la partecipazione finanziaria della Confederazione all'Opera assistenziale «Bambini della strada». Le scuse di Pro Juventute giunsero nel 1987. Il parlamento approvò infine uno stanziamento di 11 milioni di franchi per «riparazioni». Le vittime ricevettero tuttavia al massimo 20’000 franchi ciascuna. L'indennizzo finanziario aveva un carattere simbolico: insieme alle scuse rappresentava comunque il riconoscimento dell'ingiustizia e delle sofferenze subite.

Rafforzamento dell’autocoscienza e ricerca di identità

Dopo lo scioglimento dell’Opera assistenziale «Bambini della strada» gli Jenisch si sono riuniti in organizzazioni e lottano per la propria riabilitazione e per il riconoscimento del proprio stile di vita e della propria cultura.  Le diverse autodefinizioni come «zingari» o «popolo nomade» testimoniano la ricerca di una propria identità e appartenenza. Tra le richieste degli Jenisch vi è sempre stata anche la rielaborazione storica del loro passato in Svizzera, a proposito della quale sono apparse nel frattempo alcune pubblicazioni.

Occupazzione del Lido
La leggendaria occupazione del Lido di Lucerna dopo la Fecker-Chilbi di Gersau nel 1985. Con questa azione i nomadi attirarono l’attenzione sulla mancanza di aree di sosta e di passaggio.

Erano e sono, tra gli altri, proprio le persone direttamente colpite dall'Opera assistenziale «Bambini della strada» a contribuire affinché gli antichi mestieri e la lingua jenisch siano di nuovo coltivati e le feste tradizionali di nuovo celebrate. Nelle testimonianze letterarie trova espressione non solo una rafforzata autostima, ma anche l'immensa sofferenza che li ha colpiti, e la ricerca della propria identità. Per loro il passato non è solo storia, è parte della loro vita. 

Dal 1998 la Svizzera è l’unica nazione in Europa a riconoscere i nomadi come minoranza nazionale. Dal 2016 viene ufficialmente utilizzata la denominazione di Jenisch e Sinti, usata da loro stessi. Questo adeguamento, richiesto dalle loro organizzazioni, tiene conto del fatto che la maggioranza degli Jenisch è sedentaria e perciò non è possibile parlare solo di «nomadi». Nonostante lo status di minoranza nazionale, la cultura e la lingua jenisch restano ancora minacciate. Inoltre continuano a esserci troppo poche aree di sosta e di passaggio per Jenisch e Sinti che praticano lo stile di vita nomade. 

Alla fine del 2021 diverse organizzazioni di Jenisch e Sinti si sono rivolte al Consiglio federale chiedendo che la sottrazione sistematica di bambine e bambini dalle famiglie jenisch e sinti fosse riconosciuta come «genocidio culturale». Per chiarire la questione l'Ufficio federale della cultura ha commissionato nella primavera del 2024 una perizia giuridica al professore di diritto internazionale Oliver Diggelmann. La perizia conclude che non si tratta di un «genocidio», ma piuttosto di un «crimine contro l'umanità». Un reato che, dal punto di vista del diritto internazionale, non è meno grave. Alla luce di queste nuove evidenze, il 21 febbraio 2025 il Consiglio federale ha reiterato le scuse già presentate in passato. Tuttavia ha anche riconosciuto la corresponsabilità della Confederazione e ha espresso il proprio rammarico per le sofferenze inflitte. Per il momento non è ancora chiaro quali saranno le conseguenze della perizia e del riconoscimento da parte del Consiglio federale delle gravi violazioni dei diritti umani. La consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider intende discutere i prossimi passi insieme alle organizzazioni degli Jenisch e dei Sinti.